Verona: romanticismo all’italiana

Se c’è una città italiana che in passato ho sottovalutato, quella è Verona. Troppo turistica, dicevo, troppa gente, ripetevo.Ma si sa, errare è umano, perseverare è diabolico: per cui, mi sono data una seconda possibilità, e sono partita, grazie ad un regalo, alla scoperta dell’anima della patria di Romeo e Giulietta.

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Verona è conosciuta per essere una città d’amore: non a caso William Shakespeare vi ambientò una delle sue più famose tragedie, quella di Romeo e Giulietta, per l’appunto. Tutta la città parla di questa intensa storia d’amore, che, pensandoci, può risultare molto più attuale di quanto non si creda. Due giovani si amano, ma non possono stare insieme, per colpa del volere dei propri genitori. Come finisce lo sappiamo tutti. Bene, ogni angolo, ogni balcone di Verona ci racconta la storia della bella Giulietta e del suo dolce Romeo, separati in vita e, in qualche modo, anche nella morte. Esatto, anche nella morte. Perchè gli abitanti veronesi hanno deciso di consevare il presunto sepolcro di Giulietta, facendo dunque supporre che i due non siano stati sepolti insieme. (Lo so, lo so, la storia è finzione, ma quando hai così tanto amato due peronaggi letterari, non è un po’ come se per te fossero sempre vivi?). La tomba di Giulietta, dicevamo, giace sola al buio di un sotterraneo davvero suggestivo, all’interno di un meraviglioso giardino circondato da un museo d’arte. Che il sepolcro appartenga a chissà chi poco importa, lì, con lui, c’è William Shakeaspeare, in aria e spirito, a sussurrarci nell’orecchio i dolci sospiri degli amanti.

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Questo luogo è reso speciale dall’atmosfera magica che circonda il sepolcro, ma anche dal fatto che qui, nel palazzo della tomba di Giulietta, vengano celebrati matrimoni meravigliosi, quasi a coronare il sogno dei due amanti che non poterono unirsi mai. Ho appezzato tantissimo questo angolo romantico anche grazie al suo silenzio ed alla quasi totale assenza di turisti, cosa impossibile da trovare nella ben più famosa Casa di Giuletta.

Sembra incredibile, ma è proprio davanti alla tomba di Giulietta che sono venuta a conoscienza della storia di altri due amanti: quella di Liang Shanbo e Zhu Yingtai, anche denominata la storia dei Romeo e Giulietta cinesi. In un’epoca in cui alle donne non era ancora concesso di studiare, la giovane Zhu convince il padre ad iscriverla a scuola sotto mentite spoglie, travestendola da ragazzo. Lì conosce Liang e i due diventano subito amici, anche se, pian piano, la ragazza comincia ad innamorarsi di lui. Nel frattempo, il ragazzo non si accorge della vera identità dell’amico. Un giorno, Zhu viene contattata dal padre, il quale le dice di tornare subito a casa. Mesi più tardi, quando i due si incontrano nuovamente, il ragazzo scopre che Zhu è in realtà una donna e le dichiara il suo eterno amore. I due si promettono di amarsi per sempre, ma ormai è tardi: il padre di lei l’ha già promessa sposa ad un ricco uomo. Quando Liang lo scopre, muore, ucciso dal dolore. Il giorno delle sue nozze, Zhu si ferma per un saluto alla tomba dell’amato. In quel momento, il sepolcro si apre e la ragazza si getta all’interno, per raggiungere l’amato. I loro spiriti si trasformano in un paio di farfalle, che volano via insieme, libere…

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Camminando per le vie della città, alla ricerca di altre tracce del passaggio di Romeo e Giulietta, ci si imbatte continuamente in meravigliosi palazzi dall’aspetta romantico ed anche un po’ decadente, che conferiscono alle strade ed al panorama un’aspetto raffinato che non può che stupirci, lasciandoci a bocca aperta. Non ci stupiamo, quindi, che i turisti continuino a scegliera questo posto come meta per le proprie vacanze, arrivando da tutto il mondo.

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Ma per cercare ancora un po’ di incanto, perchè non saliamo fino a Castel San Pietro? Da qui, un’immensa veduta della città si stende ai nostri piedi, calma, silenziosa, come una donna di alta classe che si lascia ammirare…

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Purtroppo il castello al momento è in ristrutturazione, ma le scalinate per arrivarvici valgono la pena di essere salite anche solo per ammirare il meraviglioso panorama…

Se ancora non dovessimo esser sazi di romanticismo ed eleganza, puntiamo verso Castel Vecchio, sede del museo civico di Verona e mio luogo preferito dell’intera città. Costruito intorno al 1300, il castello propone una meravigliosa cortina muraria merlata che ci fa immergere all’improvviso nell’atmosfera antica delle corti medievali. Meta non solo di tanti turisti, ma anche, e soprattutto, di tantissimi innamorati, Castel Vecchio è magia pura…

Ma si sa, di romanticismo non ne abbiamo mai abbastanza…e allora perchè no? Facciamo due passi ed addentriamoci nella magia del Teatro Romano. Qui, oltre al bellissimo museo d’arte antica ed alla visita alla bellissima struttura che lo ospita, è possibile assistere a rappresentazioni del teatro shakespeariano in un’atmosfera assolutamente da favola. Inoltre, il meraviglioso chiostro che ospita il museo, in cima all’antica struttura dell’anfiteatro, offre anche un’enorme terrazza panoramica dalla quale è possibile ammirare tutta Verona, mentre ci si circonda di capitelli e statue romane.

E per arrivarci? Indispensabile passare su Ponte Pietra. Quando si parla di romanticismo…

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Voi direte, ma quando ci parli dell’Arena? E della casa di Giulietta? Beh, oggi non ve ne parlerò. Sono luoghi magici, certo, inimitabili e meravigliosi, dai quali non si può non passare almeno una volta per ammirarli e commuoversi per la loro bellezza e l’emozione che suscitano. Oggi però volevo parlarvi dei luoghi che ho scoperto in questo viaggio, luoghi che non conoscevo e che mi hanno stupita per la loro bellezza. Perchè Verona è molto, molto più di quello che le cartoline ci offrono: è un balcone decorato con affreschi nell’angolo di una stretta stradina; è uno spritz bevuto tra amici su una terrazza; è una coppia di giovani che si tengono per mano su un ponte, mentre sotto, tra le rapide, la gente più coraggiosa fa rafting. Verona è storia, amore, poesia. Verona è Italia ed Europa. Verona è un sospiro di due amanti che si abbracciano nel tempo…

Grazie anche a te, bella, romantica, poetica, Verona…

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Un viaggio in tenda: la gentilezza delle Marche

“Whoever you are, I have always depended on the kindness of strangers”

Vi è mai capitato di desiderare ardentemente di prendere una valigia, riempirla di vestiti e sogni, preparare la vostra tenda, mettere in moto la vostra auto e partire verso un mare meraviglioso, profondo e agitato come la vostra anima? Bene. Ora pensate intensamente a questa sensazione e seguiteci nel nostro viaggio verso…le Marche.

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Giorno #1. Pronti, partenza via!

Caricati bagagli sulla nostra auto un po’ vecchiotta e sgangherata, siamo partiti di buon’ora. Direzione: Porto Recanati. Riuscendo miracolosamente a non finire imbottigliati nel traffico dell’autostrada, carichi come molle (anche grazie alla radio che, con frequenza, ci continuava a riproporre l’ormai affermato tormentone Andiamo a comandare), dopo esserci persi per stradine di compagna circondate da meravigliosi girasoli in fiore, siamo arrivati a destinazione: un grazioso campeggio in riva al mare in località Marcelli (Porto Recanati). Mentre il moroso, da bravo uomo di casa, si improvvisava Mcgyver e montava tenda ed attrezzatura necessaria, io esploravo la zona. Dopo un breve pranzo veloce, il mare ci ha chiamati: un tuffo, una bella doccia di sole e un po’ di sana aria pulita da respirare per depurarsi per bene e rilassarsi. Ne è seguita una rilassante passeggiata sul lungomare, e poi…a letto, senza nemmeno darsi la buonanotte, siamo crollati, felici ed emozionati.

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Giorno #2. Le grotte di Frasassi, Loreto e…una deliziosa sorpresa!

Alzarsi presto, oltre che essere quasi un obbligo quando si è in tenda, è anche il modo migliore per approfittare di tutta la giornata e visitare più luoghi possibili. Così, dopo una colazione dolce, anzi dolcissima, ci siamo diretti verso Frasassi, località famosa per le grotte naturali diventate ormai un’imperdibile tappa per chi viaggia nella zona. Qui, dopo aver aspettato il nostro turno, abbiamo preso la navetta che avrebbe portato il nostro gruppo alle grotte, situate a pochi minuti (in macchina) dalla biglietteria. Una volta arrivati a destinazione, una guida gentile e preparata ci ha istruiti sui comportamenti necessari in grotta: non toccare stalagmiti e stalattiti e vestirsi pesanti (in grotta c’è una temperatura costante di 14 gradi e un’umidità del 100%). Appena entrati, non abbiamo potuto trattenere l’emozione e i nostri occhi si sono illuminati: un’enorme cavità si apriva davanti a noi, ricchissima di meravigliose costruzioni simili a giganteschi palazzi naturali. In grotta, la totale mancanza di oggetti di uso quotidiano fanno perdere completamente la percezione delle misure e la razionalità, tanto che stalagmiti di più di due metri possono apparire, accanto ad altre ben più grandi, dell’altezza di pochi centimetri. E’ meraviglioso guardarsi intorno e rendersi conto dell’immensità della natura e della nostra piccolezza rispetto ad essa. In questo senso, le grotte ci fanno forse trovare un’altra percezione di noi, regalandoci una nuova visione della nostra esistenza: la nostra infinita piccolezza rispetto all’immenso ci fa rispettare in modo totale la meraviglia naturale.

Una volta in superficie, superato l’iniziale trauma per il cambio climatico, abbiamo ripreso la macchina e ci siamo diretti verso un luogo in cui mangiare qualcosa. Non conoscendo bene la zona, ma volendoci allontanare dai posti più turistici per cercare un pasto a buon prezzo, abbiamo seguito le frecce verso un paesino, guidati solamente dalla bella sensazione che il suo nome ci ispirava: Serra San Quirico. Convinti di stare per imbatterci in un paese come tanti, ci siamo invece ritrovati ai piedi di uno stupendo paesino costruito interamente in pietra: una di quelle cittadine che ancora conservano il fascino e l’atmosfera del loro passato. Qui, affidandoci alle indicazioni di due gentilissimi passanti, incuriositi da questi due ragazzi con gli zaini in spalla e l’aria da esploratori, ci siamo diretti verso la piazza principale, dove abbiamo trovato un delizioso bar. Anche qui, l’aria che respiravamo era quella della tradizione. I gentilissimi gestori ci hanno invitati a provare le specialità della zona, che si sono rivelate una deliziosa sorpresa: la crescia (che, come ci ha detto la cuoca E’ come una piadina, ma più buona), e i calcioni, dolcetti ripieni di formaggio, davvero buonissimi. Dopo pranzo e caffè, una volta salutato l’accogliente personale, siamo ripartiti alla volta di Loreto.

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Arrivati a Loreto, abbiamo trovato parcheggio proprio ai piedi del centro storico e della basilica. Purtroppo, essendo il nostro viaggio in questa città un po’ improvvisato, mi sono subito resa conto di essere impossibilitata a far visita ai luoghi sacri, in quanto non mi sentivo vestita in modo consono. Il mio commento sarà dunque riferito solo alla città in sé, senza riferimenti ai luoghi di pellegrinaggio o alle strutture religiose. Il luogo certamente più interessante e più d’impatto è la piazza principale, su cui si affaccia la basilica. Il centro storico è interamente dedicato alla religione ed infatti offre un gran numero di negozietti e botteghe di presepi ed oggetti sacri. Ciò nonostante, proprio alla fine di una delle vie principali, ci si ritrova, con sorpresa,  in una graziosa piazzetta dedicata a Garibaldi, dove, inoltre, troviamo una lapide in memoria di Salvo d’Acquisto. Uscendo dalla città, invece, imperdibile la balconata dalla quale ammirare le colline che si affacciano direttamente sul mare.

Rientrati, dopo doccia e cena in campeggio, ci siamo concessi un giro per la deliziosa cittadina di Porto Recanati, molto viva la sera, soprattutto sulla zona del lungomare, dove tutti i localini si accendono e danno vita ad un piacevole paesaggio estivo e giovane.

Giorno #3. Recanati: città della poesia.

Il terzo giorno, per me, è stato un vero e proprio pellegrinaggio verso la casa natale di uno dei personaggi che hanno accompagnato non solo i miei studi, ma anche la mia adolescenza: Giacomo Leopardi. Recanati, oltre ad aver dato i natali al poeta, però, è uno splendido gioiello incastonato tra le colline marchigiane, immerso nel verde e da cui si può ammirare l’immensità del mare. Appena entrati dalla porta della città, è impossibile non lasciarsi guidare dai versi di Giacomo, appesi a tutti i muri, che sembrano fare da sottofondo alla passeggiata per le strade che, un tempo, furono le SUE strade. Tali versi, scritti nero su bianco, ci hanno accompagnati fino alla casa in cui nacque e visse Giacomo, oggi ancora casa privata della famiglia Leopardi. Affacciata sulla Piazzuola del Sabato del Villaggio, la biblioteca resta l’unica parte della casa visitabile ad oggi. Incredibilmente ricca di testi e meravigliosamente arredata, la biblioteca ci trasporta ai tempi in cui Giacomo, bambino e poi ragazzo, lavorava sulle sue sudate carte, genio già riconosciuto quando ancora in vita. Ammetto di non aver potuto trattenere qualche lacrima, passando accanto al banco su cui il poeta amava studiare, o dopo essermi affacciata dalla finestra da cui egli ascoltava il canto della ragazza a cui dedicò A Silvia. A Recanati tutto parla di Giacomo: spostandoci poco più in alto, ci siamo ubriacati di bellezza affacciandoci sul Colle dell’Infinito, poi abbiamo ammirato la Torre del passero solitario, fino ad arrivare alla piazza principale della città, dove un’imponente statua del poeta troneggia, a pochi passi dal Liceo Giacomo Leopardi. Insomma, l’intera Recanati è un meraviglioso omaggio a lui, immenso poeta e genio, seppure lo sia in modo discreto, senza esagerazioni nè attrazioni turistiche. Recanati ti racconta di Giacomo, ma lo fa sottovoce, con delicatezza, in pieno stile del poeta.

N.B.: Consiglio per un pranzo gustoso e veramente economico a Recanati. A pochi passi dalla casa natale di Giacomo c’è un piccolo localino che offre pizza al taglio a prezzi davvero stracciati. Si chiama pizzeria Diamante, il gestore è un ragazzo di origine argentina simpaticissimo: mangiare bene, spendendo poco ed in ottima compagnia!!!

Non c’è cosa migliore, alla fine di una giornata passata tra le strade afose di una città, di concludere il pomeriggio con un bel tuffo nell’acqua cristallina del mare e poi, dopocena, fare una vasca per il centro della cittadina (in questo caso, Marcelli).

Giorno #4. Urbani, Sirolo, Numana…e una sana abbuffata.

Non poteva di certo mancare una giornata dedicata ad una delle spiagge più belle delle Marche: quella di Urbani, a Sirolo. La zona, infatti, offre quattro spiagge meravigliose, molte delle quali, però, raggiungibili solo in barca. Urbani, invece, situata ai piedi del centro storico della città, è facilmente raggiungibile a piedi o in autobus ed offre una grande spiaggia libera (solo in piccola parte privata). Sarebbe inutile dilungarsi in lunghe descrizioni del colore del mare, del suo profumo e dell’atmosfera del luogo: le foto parlano da sole…

Risalendo fino al centro storico di Sirolo, poi, abbiamo colto l’occasione per ammirare il panorama e lo spettacolo del mare ai nostri piedi dalla balconata della piazza principale. Ad ora di pranzo, abbiamo deciso di dirigerci verso Numana, per avvicinarci al nostro campeggio. Qui, abbiamo fatto una piacevole scoperta: la pescheria Ricci, locale a conduzione famigliare, dove i gentilissimi e davvero simpatici proprietari ci hanno deliziato con piatti a base di pesce fresco buonissimi, con porzioni abbondanti, a prezzi davvero economici. Speriamo tanto di tornare presto a trovarli!!! Ne abbiamo poi approfittato per fare un giro per il grazioso centro della città e per riposarci all’ombra degli alberi sulla terrazza situata nel punto più alto del centro, cullati dal suono e dal profumo del mare. La sera, ci siamo concessi una cenetta romantica nel ristorante da Anna, a Marcelli, proprio sul lungomare: anche qui, personale cordiale e molto ospitale e tutto molto buono. Insomma, dell’ospitalità, in questa vacanza, proprio non ci siamo mai potuti lamentare!!!

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Giorno #5. Castelfidardo, Osimo e un po’ di abbronzatura.

Il quinto giorno ci siamo avventurati per le stradine strette e i vicoli in pietra della cittadina di Castelfidardo, nota per essere la casa della fisarmonica, oltre che per l’importante battaglia grazie alla quale fu possibile realizzare l’Unità d’Italia. All’entrata del centro storico, una terrazza affacciata sui colli è ornata da un’imponente fontana dedicata alla musica. Una volta entrati, imperdibili sono di certo il PiMuseo della Fisarmonica e la piazza principale (interamente dedicata alla repubblica). A Castelfidardo, è inoltre presente la fisarmonica funzionante più grande del mondo.

Più tardi, ci siamo diretti verso Osimo, bellissima cittadina marchigiana, della quale vi parlerò in seguito, perchè, spinti dal caldo e dal sole, abbiamo deciso di rimandarne la visita all’ultimo giorno di vacanza, terminando il nostro quinto giorno d’avventura in spiaggia.

Giorno #6. Pioggia, vento e le grotte romane di Osimo.

Come dicevo, il quinto giorno abbiamo dedicato il nostro pomeriggio alla spiaggia, convinti dal meteo che prometteva acqua per il giorno seguente. In effetti, il nostro ultimo giorno di vacanza è stato all’insegna di nuvoloni neri che, per tutto il giorno, hanno minacciato di scaricare litri e litri di acqua. Ne abbiamo dunque approfittato per tornare ad Osimo e fare visita alle sue grotte romane. Per raggiungere il centro della città, dal parcheggio ai suoi piedi, ci siamo avvalsi di un particolare ascensore e di una scala mobile che portavano direttamente alla strada principale. Una volta lì, essendo ancora molto presto per la visita, ci siamo recati al punto più alto del colle, da dove è possibile ammirare, dai giardini, il panorama ed il paesaggio steso ai nostri piedi. Una volta arrivato l’orario di apertura delle grotte, ci siamo diretti sul posto ed una guida davvero competente ci ha fatto alcune raccomandazioni prima di entrare. La città di Osimo ospita un enorme numero di grotte naturali che venivano usate già al tempo dei romani: ad oggi, solo una piccolissima parte di esse sono visitabili per motivi di sicurezza, ma anche perchè non tutte sono state ancora censite. Noi abbiamo visitato quelle denominate Grotte del Cantinone, utilizzate in passato dai frati francescani per la conservazione del vino, ma poi anche diventate necessarie per la popolazione di Osimo come rifugio per fuggire dai rastrellamenti durante l’epoca del nazifascismo. Consiglio a tutti l’esperienza in grotta: provare qualche minuto di buio totale, respirare l’aria umida dell’ambiente, immergersi nella storia ed immaginare ciò che lì dentro accadde è davvero qualcosa di entusiasmante e commovente, al quale non bisogna assolutamente rinunciare. Speriamo tanto che altre grotte vengano aperte al pubblico, e di tornarvi molto presto per un’altra visita nel sottosuolo.

Niente è più triste di dover salutare un posto di cui ci si è innamorati e nel quale si vorrebbe restare più a lungo. Tanto è ancora da vedere, tanto ancora da scoprire, tante persone nuove aspettano di essere conosciute in questo luogo magico. Andarsene dalle Marche, smontare la nostra tenda e tornare a casa è significato, di nuovo, lasciare un pezzetto di cuore in un luogo magico, accogliente, in cui ci siamo sentiti davvero i benvenuti. Per questo ringraziamo i cittadini marchigiani per la loro accoglienza, la loro disponibilità, l’aiuto che ci è stato dato in più di un’occasione; ringraziamo i nostri vicini di tenda, che non siamo riusciti a salutare, ma che sono stati pronti fin dal primo giorno ad offrirci ciò che ci mancava e a regalarci un sorriso; ringraziamo le guide, preparatissime e molto professionali (da casa Leopardi, a Frasassi, a Osimo); ringraziamo i ristoratori e i negozianti, gentili e disponibili a chiarire qualsiasi nostro dubbio. Insomma, ringraziamo questi posti meravigliosi e il loro popolo, che davvero ci hanno convinti che ancora, in mezzo all’orrore che vediamo ogni giorno, c’è chi crede che la miglior arma con cui lottare sia la gentilezza e la solidarietà.

Grazie, Marche. Vi portiamo nel cuore.

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Considerazioni su questo 15 Luglio 2016

(“La nostra vendetta è essere felici” – Granada, Mirador de San Miguel Alto)

Ci sono giorni in cui ti viene voglia di chiuderti in casa. Giorni come questo 15 Luglio 2016, in cui, svegliandoti, la prima cosa che ricordi, subito dopo esserti raggomitolata tra le coperte ed aver constatato che la temperatura è scesa di diversi gradi, è che ieri sera, in Francia, a Nizza, decine di persone sono state uccise mentre passeggiavano sul lungomare insieme ai loro amici, alle loro famiglie.

Gente normale, gente come te, che si accingeva a passare una serata di festa. Gente in vacanza, in viaggio; gente con i propri figli per mano, che avevano chiesto di essere portati a guardare i fuochi d’artificio. Poi, all’improvviso, il caos: gente che corre, gente che inciampa, gente che cade a terra inerme. Terribile.

E allora, mentre te ne stai lì, tra le lenzuola e il cuscino, con la mente ritorni a pochi giorni fa, quando un treno proprio qui, nel tuo Paese, in Italia, si è andato a schiantare contro un altro, uccidendo altre persone che tornavano dal lavoro e da scuola, proprio come fai tu, ogni santo giorno, quando torni da Bologna con la cartella piena di libri e scartoffie, una canzone rilassante nelle orecchie, una matita dal tratto deciso che sottolinea frasi di poesie e la testa piena di sogni.

Ecco, in giorni come questo, quella testa piena di sogni ti verrebbe voglia di metterla da parte, di chiuderla in valigia per un po’, fino a data da destinarsi. Ti verrebbe voglia di chiudere anche i libri, insieme a lei, di prendere le chiavi e girarle nella serratura di casa, perchè di uscire da lì proprio non ne hai voglia. Ti verrebbe voglia di dire Basta!, non ce la faccio più ad avere paura. Ma la verità è che la tua voglia di vivere (di vivere adesso…) sarà sempre più forte della paura di quello che può succederti là fuori. Perchè il mondo fuori da queste quattro mura è enorme, è vero, ed imprevedibile, ma la paura più forte deve sempre restare quella di rimanere imprigionata qui, a sprecare i tuoi 25 anni.

(“Voglio solo essere libera” – Granada, Mirador de San Miguel Alto)

C’era una volta…la “Divina Commedia”

Rieccomi qui, dopo una pausa di riflessione durata circa tre mesi. Perchè si sa, ogni storia d’amore che si rispetti vive momenti altalenanti, alti e bassi, che la rendono, una volta superata la crisi, più forte di prima. Anche io ed il mio piccolo e modestissimo blog abbiamo vissuto momenti di crisi, ma poi, alla fine, abbiamo capito che non è ancora giunto il momento di separarci. Quindi eccomi qui, dicevo, dopo tre mesi, un importante viaggio alla spalle e una laurea in lingue che spero mi aiuterà ancora di più a sentirmi non solo cittadina italiana, o europea, in un momento così complesso,  ma anche del mondo.  Oggi voglio raccontarvi brevemente di un’iniziativa che ho scoperto quasi per caso: più avanti avrò modo di raccontarvi dell’importante viaggio, fisico e mentale, fatto ad Aprile.

Quella che mi accingo a raccontare è una breve storia che ha per protagonisti gli abitanti di un piccolissimo paesino di montagna, Roccapelago (Modena): una località degna di una fiaba che potrebbe cominciare con C’era una volta…

C’era una volta un piccolo paesino arrampicato su una montagna, uno di quei villaggi dove il tempo sembra non essere passato: case in pietra, strade ciottolate e anziani affacciati alla terraza del bar intenti a rccontare vecchie storie. Qui, come in un quadro, il tempo passava scandito dal suono delle campane, rintocchi lenti e decisi, provenienti dal campanile situato nel punto più alto del paese. Qui, dove nulla sembrava mai cambiare, dove tutti si conoscevano, un giorno, gli abitanti si riunirono per dare voce a qualcuno: un poeta, ma non uno qualsiasi. I cittadini di Roccapelago diedero vita, grazie alla loro voce, a Dante Alighieri. Si riunirono in decine per dare le proprie corde vocali in servizio del grande poeta: giovani, professori, anziani, gente del posto, ma anche da lontano. Tutti, ma proprio tutti, volevano rendere omaggio a Dante Alighieri. E allora anche i centenari (che non erano pochi, perchè noti sono i benefici dell’aria di montagna sulla salute degli anziani), accorsero con i loro vecchi libri rispolverati per l’occasione, e mentre un professore, improvvisatosi attore, impersonava lo sventurato conte Ugolino, una signora, che aveva veduto sorgere più di cento albe gridava “Oh, come sono felice, che giornata meravigliosa…”. E mentre Ugolino divorava in racconto i suoi figli, la gente ascoltava senza poter distogliere lo sguardo da quell’insegnante che, per un giorno, per tutti i presenti non era stato affatto un insegnante, bensì Sordello, Ugolino, Virgilio e Dante stesso. La magia dei versi del poeta aveva fatto scendere su tutto il paese un meraviglioso anto d’illusione…

Ringrazio i cittadini di Roccapelago (MO), per l’iniziativa “Diverse voci fanno dolci note”. Che l’amore per la letteratura e la sua magia accompagni sempre tutti voi…

Un angolo di Berlino in Italia

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Spilamberto (MO): frammenti del Muro di Berlino conservati all’interno del parco della Rocca Rangoni.

Spilamberto (MO), Italy: fragments of the original Berlin Wall in Rocca Rangoni’s Park.

Spilamberto (MO), Italia: fragmentos originales del Muro de Berlín dentro del parque de Rocca Rangoni.

 

Fiumalbo (MO): un piccolo paradiso tra i monti

Una passeggiata approfittando di un timido sole mi ha dato l’occasione di scoprire, proprio nel giorno di Pasqua, un meraviglioso, piccolo paradiso, nascosto tra i monti: uno di quei borghi antichi che, fin dal primo passo percorso nei loro centri, ti catapultano in un mondo fiabesco, così lontano dalla fretta e dalla frenesia tipica del nostro quotidiano.

Oggi vi voglio parlare di Fiumalbo, un grazioso borgo in provincia di Modena, immerso nei meravigliosi scenari dell’Appennino, e già inserito tra i Borghi più belli d’Italia.

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Mappa in ceramica della cittadina di Fiumalbo.

La posizione geografica di Fiumalbo, vicinissima al monte Cimone, al monte Libro Aperto e al passo dell’Abetone, rendono il paese una meta turistica molto apprezzata, nonostante il piccolo centro antico, interamente costruito in pietra e perfettamente conservato, non appaia disturbato né scalfito dalla presenza dei visitatori. Anzi, Fiumalbo appare proprio per quello che mi aspettavo: un piccolo paradiso immerso nelle verdi montagne dell’Appennino, immortale nel tempo e immune ai cambiamenti che esso porta con sé.

Oltre ad offrire svariate vie di comunicazione con alcune delle più quotate mete turistiche della zona (particolarmente apprezzate dagli amanti dello sci e degli sport invernali in genere), Fiumalbo ospita opere d’arte meravigliose: ogni via, ogni scorcio ci svela una chiesa o un piccolo santuario, dove troviamo, racchiusi, meravigliosi affreschi e dipinti. Particolarmente affascinante, a mio avviso, è l’Oratorio di San Rocco, situato proprio all’ingresso del paese, ed ospitante incredibili affreschi di Saccaccino Saccaccini da Carpi, risalenti al 1535.

Appena fuori dal centro, ecco un’altra incantevole opera: la Chiesa dei Santi Donnino e Francesco, con annesso seminario arcivescovile di Fiumalbo. Purtroppo, il giorno della nostra visita, molti affreschi presenti in questo luogo non erano presenti, in quanto erano stati momentaneamente spostati per motivi di manutenzione e conservazione.

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Chiesa dei Santi Donnino e Francesco, a Fiumalbo

Durante la nostra visita non abbiamo avuto l’occasione di visitare tutte le strutture dedicate alla religione in quanto, trattandosi proprio del giorno di Pasqua, erano adibite e riservate alle funzioni.

Il croccante intrigante: una delizia di montagna.

Non potevo non concludere questo articolo citando un dolce tipico della cittadina di Fiumalbo: il croccante intrigante, delizia preparata essenzialmente con miele di castagno, mandorle, zucchero e caramello, da gustare nella piazza principale, seduti ad un tavolino decorato con fiori di stagione, godendosi i primi soli di questa nuova primavera…

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Croccante intrigante (foto purtroppo non mia)

Quattro passi a Valencia…

Se penso al nome Valencia, la mia memoria evoca immediatamente alcune sensazioni: il caldo, la spensieratezza e l’allegria di una vacanza trascorsa in totale relax. Ho trascorso una brevissima vacanza in questa città, ma i pochi giorni spesi a visitarla sono bastati per innamorarmene e per farmi serbare un po’ di nostalgia ogni volta che mi capita di riguardare le foto di questo viaggio. Valencia è una piccola città appartenente, per l’appunto, alla Comunidad Valenciana: perfetta per una vacanza toccata-e-fuga o per una tappa del vostro viaggio tra le più belle mete spagnole, non vi deluderà, grazie al suo spirito giovane e alle mille meraviglie pronte per essere visitate!!! Questo articolo non vuole essere una guida a quei luoghi che tutti siti mettono ai primi posti come luoghi di interesse, bensì vuole darvi alcuni consigli su alcune esperienze che, a mio avviso, arricchiranno il vostro viaggio rendendolo speciale.

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Dove alloggiare a Valencia?

Il primo consiglio che mi sento di darvi, nel caso stiate programmando una visita alla città, è quello di scegliere, come sempre, un alloggio vicino al centro o ben servito dai mezzi. In questo modo, risulterà decisamente più comodo trovare a pochi passi da casa ogni luogo che sceglierete di vistare, anche in estate, quando il clima di certo non aiuta ed il caldo ci impone camminate brevi e frequenti ricerche di ripari dal sole. Valencia, infatti, d’estate è caldissima: le temperature raggiungono picchi superiori ai 40 gradi ed il rischio maggiore è proprio quello di vedersi rovinare la permanenza causa il caldo impossibile. Come potete vedere dalla cartina, il centro non è molto grande e le principali attrazioni siconcentrano tutte nella stessa zona, per cui non è difficile spostarsi, a piedi o in bus, evitando lunghe camminate sotto il sole.

Cosa vedere a Valencia?

Di certo la più grande attrazione della città è la Città delle Arti e delle Scienze, costruita da Santiago Calatrava: luogo adatto a bambini ed adulti, permette di esplorare diversi padiglioni, tra cui l’Oceanografic, l’Umbracle, il Palazzo delle Arti, il Museo della Scienza e l’Hemisfèric, il tutto circondato da un’architettura a dir poco inconfondibile e, di certo, encantadora. La visita alla Città richiede un buon numero di ore, dato che in molti padiglioni vi è anche la possibilità di “giocare” con alcuni esperimenti tramite i quali si impara qualcosa di nuovo sulla scienza, divertendosi. I padiglioni comprendono aree dedicate alla scienza, agli animali, all’arte e tanto altro ancora, oltre che la zona Oceanografica, dove è possibile osservare molte specie animali.

Altro posto decisamente imperdibile è la Horchateria de Santa Caterina: prodotto tipico della zona di Valencia è, infatti, la Horchata de chufa, una bevanda a base di orzo veramente freschissima, da gustare soprattutto durante l’estate. La città, infatti, in questo periodo si riempie di chioschetti e bancarelle ambulanti che offrono horchata in ogni angolo. Quella si Santa Caterina è la Horchateria più antica di Valencia: decorata interamente in ceramica ed in zona centralissima, è una tappa obbligatoria per chiunque si voglia immergere nell’atmosfera valenciana.

Imperdibile, come in ogni viaggio che si rispetti, la visita alla Cattedrale: oltre alla bellissima struttura, è arricchita da un velo di fascino e mistero grazie alla presenza di quello che viene considerato il Santo Graal, ovvero il calice da cui avrebbe bevuto Gesù durante l’ultima cena.

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Immancabile è anche sostare in una delle tante zone verdi che arricchiscono la città di Valencia e che rendono più sopportabile il caldo estivo: in particolare, molto famosi sono i Giardini Reali, il Giardino Botanico, l’Albufera e il Parque Gulliver.

Essendo, inoltre, Valencia una località marittima, è assolutamente impensabile non approfittare delle numerosissime spiagge libere e ben servite presenti a pochi minuti di autobus dal centro. In questa zona, infatti, le spiagge sono tutte libere e, quindi, gratuite, e sono sempre tenute in ottimo stato di pulizia. Ai lati, troverete bar, chioschi e tutti i servizi di cui avrete bisogno. Essendo anche una città portuale, ovviamente, il mare non è dei più puliti e limpidi, ma è ideale per qualche giorno di sole all’insegna del divertimento. Un appunto: il topless è permesso e, anzi, molto comune in tutte le spiagge.

E la sera…??!

Valencia è una città giovane, dinamica e decisamente molto turistica: la sera le strade si riempiono di giovani (ahimè, molti italiani) che trovano posto ai numerosissimi bar e localini che la città propone ad ogni angolo. I prezzi sono economici, anche in centro storico, e più tardi i locali aprono le danze e continuano fino al mattino. Divertimento assicurato, insomma!!!

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Cosa assaggiare a Valencia?

Ho già nominato la Horchata, freschissima e gustosissima bevanda a base di orzo, ottima per il giorno. E per la sera? Non è possibile andarsene da Valencia senza aver assaggiato un bicchiere di agua de Valencia, un cocktail che prende il nome proprio da questa città e che contiene un mix perfetto di champagne, succo d’arancia, vodka e gin: adatto ai più coraggiosi!!! Ovunque sono chiaramente reperibili la tipica sangria spagnola e la paella, ma per combattere il caldo afoso, è anche possibile gustare un buon gazpacho di peperone e pomodoro seduti al tavolo di un barettino all’aperto.

Viaggiare tra i sapori

Viaggiare significa anche assaporare per la prima volta sapori diversi, a volte insoliti, che il nostro palato fatica a riconoscere. Non sempre l’incontro con la cucina di altri paesi si rivela facile, soprattutto per noi italiani, così legati alla pasta di mammà e alla nostra benedettissima dieta mediterranea (che, questo è certo, tutti ci invidiano). Alcune volte, però, il magico incanto di innamorarsi di un nuovo gusto accade…ed è allora che io, per quanto mi riguarda, mi diverto a riportare sulla mia tavola, durante qualche occasione speciale, alcuni piatti assaggiati all’estero, magari riadattandoli alle mie scarse capacità culinarie. E allora ecco qui un breve elenco dei piatti assaggiati all’estero che ho provato a riproporre a casa mia o che qualche amico ha riproposto a me, che di certo non mi tiro mai indietro, ma che anzi sono sempre felice di assaggiare la cucina etnica. Perchè cucinare una paella, piuttosto che un falafel, è come portare in tavola, per i propri ospiti, un po’ di mondo…

#1 Spagna: paella e tortilla de patatas.

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Niente di più azzeccato per assicurarsi di fare ottima figura con i propri invitati. Se il mio Erasmus mi ha insegnato qualcosa è che gli italiani, per quanto legati alla propria cultura culinaria, proprio non resistono davanti ad un buon piatto di paella e a un bel pezzo di tortilla di patate! Per quanto riguarda il primo tra questi piatti, a onor del vero, devo dire che quella che si è sempre cimentata nella riproduzione di questa leccornia, affrontando il mio severo giudizio, è mia mamma. ATTENZIONE!!! Riprodurre il gusto esatto di quella assaggiata in Spagna non è facile, ma ci sono molte varianti tra cui scegliere e la ricetta può essere facilmente modificata a vostro gusto: che sia di carne, verdure o di pesce (o, perchè no, di tutto ciò messo assieme), la bontà è garantita!!! Lo stesso vale per la tortilla, piatto semplicissimo da riprodurre, nonostante io sia lo stesso riuscita a combinare qualche guaio nella fase di frittura. Questi due piatti dimostrano di certo che la cucina più povera e semplice, oltre che casereccia, è sempre la migliore.

#2 Israele: Falafel

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Okay, purtroppo non sono mai stata ad Israele, ma i miei genitori, di ritorno da un viaggio hanno decantato così tanto questo piatto che sono stata costretta ad assaggiarlo: in effetti, ho gustato i falafel in tanti posti, specialmente in Andalusia, dove la cultura araba è molto presente. Queste ottime polpette di ceci, oltre ad essere molto facili da realizzare, sono un’ottima alternativa, in particolare per i vegetariani, al kebab. Fritte o cotte al forno, sono buonissime mangiate in insalata o in un panino, accompagnate da una buona dose di salsa allo yogurt. Sono un’ottima alternativa alla carne, senza dover rinunciare al gusto e agli aromi, dati in particolare dalle spezie. In generale, la ricetta prevede una buona dose di cumino, ma le dosi possono essere variate in base al gusto personale: consiglio una buona spruzzata di curcuma, salutare e gustosa.

#3 India: riso e chapati con…tantissime bontà!!!

Di ritorno da un viaggio in India, la mia amica Rosa mi ha invitata ad una cena in puro stile etnico, durante la quale ho potuto apprezzare le leccornie tipiche di questo meraviglioso paese. Di base, mi è parso di capire, il cibo indiano viene solitamente accompagnato da riso bianco scondito o da una sorta di piadina, chiamata chapati. Ad essi si va a sommare, poi, qualsiasi tipo di bontà possa capitare di pensare. In particolare, il menù cucinato da Rosa prevedeva lenticchie, zucca e verdure miste, il tutto accompagnato da salse piccantissime e molto speziate che, fin dal primo morso, rievocavano proprio quelle immagini che vediamo sulle guide turistiche. Il cibo indiano è sano e gustoso, ricchissimo di spezie e molto saporito. Voto: 10/10.

#4 Marocco: hummus e salsa di yogurt.

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Per non farci mancare nulla, la mia amica Mariam, originaria del Marocco, durante la nostra cena etnica, ha portato in tavola alcuni vasetti contenenti hummus e salsa di yogurt. Avevo già assaggiato e riprodotto a mia volta l’hummus: delizioso e sanissimo, è un ottimo condimento da accompagnare a piatti un po’ secchi o semplicemente  auna buona fetta di pane azzimo. Grande sorpresa, invece, è stato l’accompagnamento tra i cibi piccantissimi cucinati da Rosa e la freschissima salsa di yorgut di Mariam, la quale ha attenuato il pizzicore tipico delle spezie usate nella cucina indiana, rinfrescando la bocca ed addolcendo leggermente il piatto.

#5 Texas: pannocchia di mais al burro.

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Si sa, la dieta americana, ed in particolare texana, non è di certo priva di grassi. Il miglior pasto, durante la mia permanenza a Dallas, è stato di certo quello costituito da una pannocchia di mais bollita e poi fritta in padella, insaporita da una buona quantità di burro fuso. Non ho mai avuto il coraggio di riproporre questa ricetta per timore di un improvviso aumento di colesterolo, ma il gusto e la semplicità di questo piatto sono indescrivibili.

 

Ed ecco quindi il mio consiglio: quando viaggate evitate quei bei posti lussuosi e costosi in cui vi propongono la stessa identica cucina che potete trovare a casa. Perchè il viaggio è anche sperimentazione, con tante sfaccettature. E quando tornate, mi raccomando, invitate i vostri amici e riproponete loro tutti i piatti che avete conosciuto, perchè, ricordate: Happiness is real only when shared

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Storia strampalata di una montanara improvvisata

I miei genitori, da sempre, amano la montagna. Per montagna non intendo solo i bei panorami da cartolina che di solito spediamo durante la nostra vacanza-relax in Tirolo: loro amano la VITA di montagna. Cosa voglio dire? Avete presente quelle persone che si svegliano presto la mattina, escono dalla loro baita (o tenda, catapecchia, qualsiasi cosa abbiano a loro disposizione) assaporando la freschissima aria di montagna, indossano i loro scarponi e, dopo una colazione ben sostenuta, si avviano verso l’infinito ed oltre, alla ricerca di nuove avventure in cima a qualche vetta innevata? Ecco, loro hanno sempre fatto così. Io no. O meglio, diciamo che l’ho fatto finchè non ho raggiunto l’età sufficiente per rifiutarmi di farlo. E non l’ho passata liscia, all’inizio. Ora, probabilmente nel momento in cui leggerete questo articolo io sarò caduta nelle grinfie dei miei sportivissimi e attivissimi, nonché neo-pensionatissimi genitori, ma spero lo stesso che apprezziate questo nuovo articolo riguardo le località di montagna in cui i miei genitori mi hanno trascinata e che, alla fine, ho imparato ad amare.

San Vigilio di Marebbe

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La foto è presa in prestito dal web. Purtroppo è parecchio tempo che non metto piede in questo splendido paesino dell’Alto Adige. Situato nella zona della Val Badia, San Vigilio è un vero e proprio luogo da cartolina, esattamente come potete vedere in questa foto. Posto perfetto per chi ama la vita di montagna e gli sport invernali, ma anche il trekking estivo, questo paesino meraviglioso vanta anche una discreta vita notturna, grazie ad alcuni pub e birrerie in pieno centro. Ho passato lì alcune delle più belle vacanze della mia adolescenza, in quel periodo in cui fai di tutto pur di far incavolare gli adulti, pur di fare la ribelle e tornare in albergo mezz’ora dopo l’orario stabilito. San Vigilio di Marebbe è un posto tranquillo, divertente, dove godersi la calma e la tranquillità delle montagne innevate, per poi bersi un bicchiere di birra o una cioccolata calda ascoltando la pace della natura.

Il lago di Resia

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Altra foto presa in prestito. Il lago di Resia, famoso per il suo campanile che emerge dalle acque, non puà che suscitare in chiunque lo veda, anche solo in fotografia, un  certo fascino. Evocatore di atmosfere mitiche e fiabesche, il lago è situato nel comune di Curon Venosta, in Alto Adige. Bellissimo d’estate, quando la luce, riflettendo sulle sue acque, permette di ammirarlo in tutto il suo splendore, d’inverno, ghiacciando, permette di sciare e praticare altri sport invernali su di esso. Il lago di Resia è un particolarissimo luogo adatto agli amanti dei panorami romantici ed agli sportivi più temerari.

Il lago di Braies

Conosciuto, forse, ai più per ospitare la casa di Terence Hill nella serie televisiva “Un passo dal cielo” il lago di Braies si trova in Val Pusteria, in Trentino Alto Adige.

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Incastonato tra le montagne, il lago ci rende partecipi di un meraviglioso panorama assolutamente imperdibile. E’ possibile percorrere un percorso attorno ad esso per ammirare il panorama e la bellezza della località da ogni lato. Consigliato anche, ma non solo, per gli amanti delle fictions firmate Rai.

Roccapelago (Mo)

Abbandonando adesso la Dolomiti ed i loro meravigliosi paesaggi ad alta quota, soffermiamoci su una piccolissima località in provincia di Modena. Roccapelago, deliziosa frazioncina di Pievepelago (MO), è uno dei più piccoli centri abitati del comune. Ciò nonostante, ha un fascino unico e particolarissimo: la rocca, situata al centro del paese e sovrastante un crinale, dona alla zona un’atmosfera dark ed affascinante, oltre ad essere sede di un’interessante mostra dedicata al ritrovamento di alcuni resti risalenti al Medioevo. Accanto alla rocca, nella chiesa, sono stati ritrovati, tra il 2010 e il 2011, diversi corpi mummificati, in quanto, in tempi antichi, quello era un luogo dedicato alla sepoltura. Oggi tutto ciò è visitabile, su appuntamento. Roccapelago è un paesino che resiste alla contaminazione moderna dalla vita frenetica di tutti i giorni: un luogo dove è ancora possibile mangiare un pezzo di crostata in un barettino di paesino, dove tutti si conoscono e tutti salutano con cortesia.

Capirete, quindi, con facilità che certi posti, volenti o nolenti, non si possono non amare. Che siate amanti del mare o della montagna poco importa: certe zone, certi colori, non possono che restare nel cuore…

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P.S. Eccoli qui, i due responsabili (tre col cane). Se l’articolo non vi è piaciuto, per favore, rivolgersi direttamente a loro…

Perchè visitare i luoghi dell’Olocausto mi ha cambiata profondamente

Sono nata e cresciuta in una famiglia che, fin da picccola, mi ha raccontato cosa accadde durante gli anni del nazi-fascismo. Qualcuno potrebbe chiamarla una famiglia di sinistra, immagino. Io la chiamo solo famiglia. O meglio, una famiglia che ha deciso di crescere le sue due figlie con determinati valori: tra questi, di certo, quello del ricordo. Non ho mai vissuto i racconti come qualcosa di spaventoso, voglio dire, non sono cresciuta con dei traumi per via di quello che la mia famiglia mi ha detto. Anzi, sono cresciuta con consapevolezza, molta più consapevolezza rispetto a quella di altri ragazzi della mia età. Forse tutto ciò è stato possibile proprio per via della storia personale di mio nonno. Forse, ma non solo. Il punto è che la mia famiglia ha creduto fortemente nell’importanza del ricordo, del creare una memoria che mi formasse come persona, una volta diventata adulta. Grazie a questo, nel corso della mia infanzia e, poi, adolescenza ed età adulta, i miei genitori mi hanno spesso portata in visita ai luoghi che videro accadere alcuni importanti avvenimenti, aiutandomi a capire. Non hanno mai cercato di impormi il loro punto di vista: semplicemente, mi hanno acompagnata in un percorso di conoscenza oggettiva di ciò che è stato quando nè io nè loro eravamo ancora nati. In questo modo, fin dalle elementari, la mia mente è stata stimolata dalla curiosità di chiedere e, grazie al fatto di avere due nonni disposti, anche se con un po’ di fatica e dolore, a raccontare, ho cominciato ad informarmi sulla storia di quell’epoca, che da bambina mi sembrava tanto, ma tanto lontana. Una volta cresciuta, ho cominciato a partecipare con entusiasmo ad alcuni viaggi organizzati nei luoghi della memoria: questa decisione, di certo, ha cambiato profondamente il mio modo di vedere le cose. Posso tranquillamente dire che lo ha cambiato drasticamente.

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Il primo Viaggio della Memoria a cui partecipai fu a Monaco di Baviera. Dopo un breve giro per la città, ecco la visita al campo. Solo chi ha visitato un posto simile può capire davvero cosa si provi a poggiare i propri piedi in quello che fu un campo di concentramento. La stessa sensazione si ripete ogni volta che visito questo genere di luoghi. E’ come se tutto il dolore, i lamenti e le barbarie avvenuti al suo interno fossero rimaste lì, appiccicate a quei muri, a quel terreno, a quegli oggetti che ancora oggi vi sono conservati. A Monaco di Baviera seguirono Berlino, Amsterdam, Norimberga, Trieste, Lubiana, Breisach, Strasburgo e Dresda.

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Oggi, nella giornata in cui tutti ci accingiamo a ricordare e a riflettere su ciò che è stato, voglio provare a dare un consiglio a tutti quei genitori che temono di parlare di questi argomenti con i loro figli: non abbiate timore, non ne rimarrano scossi, nè tantomeno ve ne faranno una colpa una volta divenuti adulti. I bambini hanno una sensibilità straordinaria, ed una capacità di comprendere molto superiore rispetto a quella che spesso ci aspettiamo da loro. Per ciò, trattate l’argomento, raccontate loro ciò che è stato. Perchè il ricordo è un obbligo morale che abbiamo, che non dobbiamo dimenticare mai.

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Oggi sembrano passati secoli da quando, nel ’97, Benigni ci raccontò, con una dolce favola, gli orrori di quel periodo. A me per prima sembra passata una vita da quel giorno in cui, per mano a mia madre, vidi il film. Ma la ringrazio. La ringrazio perchè posso dire che, grazie a quello che lei e mio padre decisero di raccontarmi, sono diventata quella che sono, con le mie idee e il mio libero pensiero.

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Il mio consiglio è quello di visitare questi luoghi. Qualsiasi sia il vostro pensiero riguardo le vicende che vi avvennero, il consiglio è sempre lo stesso: viaggiate. Viaggiate perchè il viaggio è l’unico modo che abbiamo di conoscere davvero, di vedere con i nostri occhi, di capire che cose che a noi sembrano così lontane e incredibili, per qualcuno, in qualche parte del mondo, neanche molto lontano da noi, sono state la vita vera.

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